La materia prima - Il latte ovino

Il latte ovino presenta differenze specifiche rispetto a quello bovino sia dal punto di vista fisico-chimico che microbiologico. Infatti appare di colore bianco porcellanato, più chiaro rispetto a quello di vacca, per la minore presenza di carotene e con una maggiore viscosità a causa del più elevato contenuto di sostanza secca.
Sono disponibili numerosi lavori, anche recenti, relativi alla composizione del latte ovino (tab. 1) che però risulta caratterizzato da una notevole variabilità compositiva (Ledda, 1992) dovuta: a fattori genetici, allo stadio di lattazione e, in misura minore, all'alimentazione ed alle condizioni di allevamento. Risulta, comunque, un contenuto di grasso e proteine molto più elevato rispetto al latte vaccino.

Tab. 1: Composizione chimica centesimale e proprietà fisico-chimiche del latte ovino
Composizione chimica Proprietà Fisico-Chimiche
Acqua: 81,73 Densità 1,034 - 1,038
Grasso: 7,09 Viscosità (cP) * 2,86 - 3,93
Proteine: 5,75 Punto Crioscopico (ƒC) 0,57
Caseina 4,42 Acidità (ƒS.H. 100) ** 8 - 9
Proteine solubili 1,06 pH 6,5 - 6,8
N. non proteico 0,265
Lattosio: 4,61
Ceneri: 0,93
Solidi totali: 18,25

Nota:
* cP: Centipoise - 1 Poise corrisponde ad un dyne/cm2
** Gradi Soxhlet - Henkel, sono i millilitri di soda N/4 necessari per neutralizzare 50 o 100 millilitri di latte

Il grasso

Il grasso è il componente che subisce le maggiori variazioni nel corso della lattazione: subito dopo il parto si pone su valori abbastanza alti, per poi scendere nel corso dei primi 50 - 60 giorni di lattazione, in rapporto inversamente proporzionale alla produzione. Con il procedere della lattazione il tenore di grasso tende ad aumentare in misura notevole, lo scarto tra i valori minimo e massimo può arrivare fino al 30%; inoltre il latte della mungitura serale è più ricco in grasso rispetto a quello del mattino (Ledda et al., 1992). Queste variazioni hanno ovviamente una notevole influenza sul comportamento caseario del latte ed in particolare sul contenuto di grasso dei formaggi e sulle rese di caseificio. Le analisi più recenti, effettuate presso la sede di Bologna dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale con la collaborazione dei tecnici delle Associazioni Provinciali Allevatori, che hanno provveduto ad effettuare prelievi di latte presso 95 allevamenti, hanno consentito di verificare che la razza Sarda presenta tenori di grasso compresi tra 6,01% e 8,38%, mentre la Massese tra 6,52% e 8,23%.

Il valore medio riportato per tutte le razze è pari al 7,13% (Vecchi et al., 1994). Altri studi hanno rilevato valori tra il 6,20% e il 10,60% per la razza Comisana e tra il 6,13% e il 7,97% per la razza delle Langhe (Ledda et al., 1992). I globuli di grasso hanno un diametro medio relativamente più piccolo rispetto a quelli del latte vaccino (Battistotti, 1992). I grassi sono costituiti per il 98% da trigliceridi, per lo 0,8% da fosfolipidi e per quantità minori da acidi grassi liberi. Gli acidi grassi più rappresentati sono il palmitico e l'oleico (25% e 20%), ma troviamo anche acidi a catena medio - corta come il caprinico e il caprilico presenti in misura maggiore rispetto a quello di vacca e responsabili del sapore spiccato dei formaggi.

Le Proteine

Cellula Anche il contenuto di proteine è soggetto a variazioni nel corso della lattazione, ma in misura minore rispetto ai grassi. Le analisi effettuate dall'Istituto Zooprofilattico hanno verificato un valore medio complessivo per tutte le razze del 5,91% con percentuali comprese tra il 5,47% ed il 6,22% per la razza Sarda e tra il 5,25% ed il 6,23% per la Massese (Vecchi et al., 1994).
Ancora dati della bibliografia rilevano tenori compresi tra il 5,55% ed il 5,82% per la razza Comisana e tra il 4,77% ed il 5,81% per la razza delle Langhe (Ledda et al., 1992). Nel latte di pecora il rapporto tra le proteine e la materia azotata totale è molto elevato (pari al 95%) ad indicare un contenuto in azoto non proteico molto basso, a tutto vantaggio del valore biologico dei formaggi.
In generale, con il procedere della lattazione, il latte tende ad arricchirsi di caseina e proteine solubili, mentre si impoverisce di azoto non proteico.

Data la destinazione casearia del latte ovino, di grande interesse sono gli studi sulla composizione delle diverse frazioni caseiniche (Battistotti, 1992), inoltre grazie alla diversa mobilità elettroforetica delle stesse (a S1, a S2, ß e K) è possibile differenziare il latte ovino da quello caprino e bovino.
Il metodo della elettroforesi si basa sulle differenze di carica elettrica delle diverse frazioni proteiche, che si spostano su appositi supporti con velocità diverse, la velocità è tanto maggiore quanto più alta è la carica elettrica.
Dall'analisi della composizione emerge come a

S1 e a S2 siano inferiori nel latte ovino rispetto a quello bovino, mentre la ß caseina è superiore negli ovini ad ulteriore conferma delle caratteristiche casearie di questo latte. Queste differenze nella composizione della caseina si riflettono sia sulla struttura della micella che sul comportamento del latte in caldaia (Resmini., 1978). Infatti il latte di pecora coagula in tempi più brevi ed ha una consistenza maggiore rispetto a quello del latte vaccino. Le sieroproteine (b -lattoglobulina, a -lattoalbumina e siero albumina) sono presenti nel latte di pecora in percentuale più elevata rispetto al latte caprino e vaccino e sono coinvolte nel processo di produzione della ricotta.

Le caratteristiche microbiologiche e la legislazione

Certificazione Si vogliono qui ricordare anche gli aspetti microbiologici del latte ovino, in quanto oggetto delle recenti Direttive 92/46 e 94/71 e del recente D.P.R. nƒ 54 del 14 gennaio 1997, il Regolamento nazionale recante l'attuazione della Direttiva 92/46. Nel Regolamento vengono specificate fra l'altro le disposizioni veterinarie relative al latte crudo di ovini e caprini, le norme relative all'igiene dell'azienda e alla mungitura e i livelli ammessi di carica batterica del latte (tab. 2 e 3).
Tab. 2: (D.P.R. nƒ 54 del 14/1/97) - Caratteristiche del latte crudo ovino o caprino destinato alla fabbricazione di prodotti a base di latte senza alcun trattamento termico(media geometrica su due mesi con due prelievi al mese)

Tenore di germi fino al 30/11/99 dal 01/12/1999 a 30 ƒC (per ml) meno di 1.000.000 meno di 500.000 Tab. 3: (D.P.R. nƒ 54 del 14/1/97) Caratteristiche del latte crudo ovino o caprino destinato alla fabbricazione di prodotti a base di latte sottoposti a trattamento termico(media geometrica su due mesi con due prelievi al mese) Tenore di germi fino al 30/11/99 dal 01/12/1999 a 30 ƒC (per ml) meno di 3.000.000 meno di 1.500.000

Le analisi condotte alcuni anni fa dall'Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Bologna, simulando l'applicazione della Direttiva CEE poi attuata con la normativa nazionale, riportano una carica batterica media di 529.000 germi/ml, (Vecchi et al., 1994) di poco superiore a quanto indicato dal D.P.R. nƒ 54 del 14/1/97 per il latte crudo destinato alla trasformazione senza trattamenti termici, a partire dal 1 Dicembre 1999 (vedi tab. 2). L'analisi delle singole aziende ha mostrato che ben il 79,5% di queste era in grado di soddisfare i più onerosi requisiti per i prodotti a base di latte crudo previsti a partire dal 1 dicembre 1999 (meno di 500.000 germi/ml.), mentre quasi tutte le rimanenti rientrerebbero nei parametri temporanei ammessi fino al 1999 per il latte non trattato termicamente, oppure per quello sottoposto ad un trattamento termico. Sono però possibili miglioramenti notevoli delle caratteristiche microbiologiche del latte ovino, anche se questi dati già dimostrano come sia possibile produrre formaggi con una materia prima di buona qualità, senza per questo perdere nessun carattere di tipicità. In questo modo i nostri allevatori potrebbero evitare di utilizzate le deroghe, pure previste dal Decreto, che consentono il superamento del tenore di germi per chi produce formaggi con un periodo di maturazione superiore ai sessanta giorni. Il D.P.R. nƒ.54 del 14/1/97 e le precedenti Direttive CEE forniscono indicazioni e specifiche relativamente alle strutture di produzione e conservazione del latte. Infatti l'igiene nelle varie fasi di produzione è uno dei principi base a cui si sono richiamati i legislatori europei nella definizione delle direttive (UNAPOC, 1994, Ledda e Scinto 1995).

Nelle norme citate è specificato che gli ambienti di mungitura e gli stabilimenti di lavorazione del latte devono presentare condizioni strutturali favorevoli alla pulizia ed all'igiene (Paggi, 1995): ad esempio deve essere sempre disponibile acqua corrente, l'ambiente di lavoro deve essere agevole per la pulizia e la disinfezione ed il personale deve indossare abiti idonei al lavoro. Infine va anche sottolineato come la nostra Regione si sia attivata molto presto sulle problematiche della qualità del latte ovino, in un certo senso anticipando le Direttive Europee. Infatti già alla fine degli anni ottanta sono stati effettuati prelievi di latte massale e individuale in numerosi allevamenti delle Provincie di Bologna, Forlì e Ravenna (Manfredini et al., 1993), allo scopo di individuare le variazioni annuali dei principali caratteri qualitativi del latte ovino. L'analisi riguardò proteine, grasso, pH, caratteristiche microbiologiche e lattodinamografiche, queste ultime per verificare il comportamento del latte durante la trasformazione casearia. L'80% dei campioni esaminati risultò avere una ottima attitudine alla trasformazione in formaggio, ma venne anche sottolineata la possibilità di significativi miglioramenti delle caratteristiche microbiologiche. Nel 1991 è stata la volta del Circondario di Rimini, che nei sette comuni dell'Alta Valconca ha effettuato una serie di analisi allo scopo di verificare le caratteristiche del latte prodotto nell'area, prendendo in esame sei allevamenti con varie tipologie di conduzione (Amadori e Boattini, 1993). Emerse chiaramente come le migliori caratteristiche microbiologiche, carica batterica meno elevata e più costante, erano appannaggio delle aziende in cui si effettuava la mungitura meccanica, con gli impianti sottoposti ad una corretta manutenzione.

Con l'introduzione della Direttiva CEE 92/46, è stata direttamente la Regione Emilia-Romagna e l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale, di concerto con le Associazioni Produttori e le APA, ad effettuare quelle campagne di analisi prima illustrate.