Storia delle tecniche di macinazione dei cereali
La cultura umana, la tecnica di frantumazione ed il consumo dei cereali sono
strettamente legate fin dall’inizio al problema della nutrizione.
Dal 1831 al 1836 Charles Darwin fu impegnato in un lungo viaggio intorno al
mondo. Al suo ritorno affermò che le piante sono il mezzo alimentare più antico
e che la carne non è stato mai l’alimento principale. Quanto asserì era già
evidente nello scritto biblico:
"Ecco io vi do tutte le erbe che producono seme, che sono sopra tutta
la terra e tutti gli alberi fruttiferi che fanno seme. Queste cose vi
saranno per cibo." (Genesi 1,29)
Gli uomini molto primitivi non hanno conosciuto attrezzi per frantumare il
grano perché avevano mandibole talmente forti da rompere anche le noci. In
seguito, quando la forza della mandibola è retrocessa ed è aumentata
l’intelligenza, l’uomo si è aiutato a frantumare il grano con delle pietre.
"Ed ogni primogenito morirà nel paese d’Egitto, dal primogenito del
Faraone che siede sopra il trono, fino al primogenito della serva che è
dietro alle macine." (Esodo 11,5)
L’inizio dell’arte molitoria è nelle mani delle donne e degli schiavi.
"Figliola di Babilonia, non continuerai più a chiamarti Morbida e
Delicata. Metti mano alle macine e macina la farina." (Isaia 47,2)
I primi mulini a mano preistorici consistevano di un "piatto" di roccia di
grande resistenza sul quale veniva sparsa una manciata per volta di frumento. I
chicchi venivano frantumati con altra pietra dura, focaia, di forma
rotondeggiante o piatta. Il prof. Linder, aiutato da note raccolte da Girard, in
un interessante studio pubblicato nel 1889 asserisce che non nelle palafitte
svizzere dell’epoca neolitica, ma all’epoca del Bronzo si trovavano in Francia,
Svizzera, Belgio, Spagna, Baviera ed Austria pietre piatte leggermente scavate,
con rulli di pietra che servivano a schiacciare i grani.
Da una nave greca del 389 a.C., affondata in prossimità della costa nord
dell’isola di Cipro, nel 1970 furono riportati in superficie parecchi
macinelli-tramoggia. Uno, rintracciato ad Ischia, certamente non poteva essere
manovrato da un uomo solo. I due incastri per il manubrio, profondi 25 mm. hanno
larghezza diversa e sono di materiale lavico che dopo l’uso presentano, sulla
faccia di base, dei solchi.
Notato che i solchi casuali aumentavano la produzione degli sfarinati, furono
volutamente praticati di 5-12 mm. di larghezza e profondi 2-5 mm. in direzione
di va e vieni dal macinello-tramoggia. La farina si accumulava davanti
all’operatore nei piccoli mulini a mano e lateralmente in quelli grandi mossi
con manubrio.
L’osservazione che il grano, entrando nella pietra
superiore casualmente bucata, veniva ugualmente macinato, ha
permesso di realizzare la prima macina rudimentale a due pietre
sovrapposte. La pietra superiore, forata al centro per il carico del
cereale, veniva sfregata a mano con movimento circolare.
Si è oggi a conoscenza che gli scalpellini del V sec.
a.C. martellavano con aguzzatori in ferro simili ai moderni.
Nel III-IV sec. d.C. vi erano tre tipi di mulino: mulino a mano (molae
manuarie), mulino ad animale (molae iumentariae), mulino ad acqua (molae
aquarie).
Comunque, a proposito degli schiavi, vale ricordare che dagli scavi di Pompei
sono emersi reperti (bassorilievi) che inducono a pensare all’impiego di schiavi
addetti al controllo degli animali. In altre parole, gli animali azionavano le
macine ma gli schiavi dovevano girare accanto ai primi, condividendone le
fatiche.
Durante il tempo di Augusto Ottaviano (63 a.C. – 14 d.C.), furono estesamente
costruiti a Roma i mulini ad acqua sfruttando ruscelli e corsi d’acqua come ci
tramanda Plinio nei sui scritti.
Duecento anni dopo la fine dell’Impero Romano erano centinaia i mulini ad
acqua lungo i fiumi tributari della Mosella, in Germania.
Carlo Magno affidò i mulini ad acqua ed i forni a magistrati espressamente
incaricati.
Il vescovo Theoderich (793 d.C.), ha regolato gli introiti per l’uso
dell’acqua ad un mulino che divenne privato nel 1817 ma il pagamento dell’acqua
cessò solo nel 1910. Come si dice… gli affari sono affari!
L’applicazione degli ingranaggi vitruviani nel 1500 permise di realizzare
macine casalinghe mosse a mano.
Leonardo da Vinci, vegetariano, molto più famoso per le invenzioni che
per le sue abitudini alimentari, studiò i mulini ad acqua analizzando
posizione e forma delle pale, angolo d’incidenza dell’acqua, effetto della
variazione dell’angolo d’incastro dei denti negli ingranaggi, usura fra
ingranaggi e pignoni a lanterna. Nel foglio 304 v-b del Codice Atlantico
propose movimento simultaneo di macine mediante gruppi di ruote idrauliche
mosse per "acqua di lato – di sotto".
Nel Medioevo esistevano mulini con ruote ad acqua arrivante da sopra e altri
con acqua arrivante da sotto. Quest’ultimo metodo era di molto preferito e
diffuso quando il dislivello non superava i 2 metri.
Quasi tutti i mulini con tramoggia alla fine del secolo diciottesimo
erano ad acqua, esclusi quelli olandesi che per azionare le pale
sfruttavano il vento.
Nella prima metà del secolo diciannovesimo si raggiunse l’optimum delle cognizioni tecniche in materia di mulini e si ottennero i massimi risultati delle macine per mulini a pietra.
Le macine erano confezionate con pietre aventi speciali requisiti di durezza,
porosità ed omogeneità di struttura. Le migliori di queste pietre provenivano
dalle cave di La Ferté-sousJouarre e di Epernon, presso Parigi. La popolazione
residente presso queste cave, era tutta impegnata nella fabbricazione di macine
che venivano esportate in tutto il mondo.
Le scanalature presenti nelle macine a pietra sono molto importanti
nella macinatura e sono state oggetto di studi ed evoluzioni continue. Ad
esempio le pietre con superficie liscia o aguzzate con colpi perduti,
avevano l’inconveniente di schiacciare e scaldare la farina. C’era la
scanalatura detta olandese, composta di 108 solchi circolari su macina dal
diametro di 1.500 e 1.600 mm., quella di Evans, di Drancy ed altre
ancora.
Famianus Strada (Roma 1572-1649), in un suo libro ricorda che l’imperatore
del Sacro Romano Impero, Carlo V (1519-1566), ordinò la costruzione di piccoli
mulini a rullo di ferro secondo le istruzioni del meccanico Juanelo Turriono,
mentre altri testi riportano notizia di mulini a rullo di ferro nell’Inghilterra
del 1720.
In 123 anni dalla sua costituzione, (dal 1791 al 1914), all’ufficio brevetti
ed invenzioni francese, sono stati rilasciati ben 1.237 brevetti per macchina da
mulino. Di questi, 113 sono relativi a laminatoi a cilindro di ferro.
Il passaggio dalle macine a pietra al mulino a rulli avvenne grazie
all’invenzione della macchina a vapore e alla scoperta dell’elettricità tanto
che oggi la stragrande maggioranza dei mulini e’ proprio a rulli.
Ma la macinatura a pietra è molto migliore di quella dei mulini a rullo.
Vediamo perché.
L’industria moderna, macina il grano comune per mezzo di rulli che
allargano lo strato periferico e la gemma del chicco a cui fa seguito la
setacciatura a mezzo fibre di seta con la conseguenza che solo le parti
interne riescono a passare attraverso i minuscoli fori del tessuto. I
cilindri girano alla velocità di 300-350 giri il minuto contro gli 80-100
dei vecchi mulini con macina a pietra. I mulini a cilindri permettono di
lavorare maggiori quantità di grano ma hanno il difetto di impoverire le
farine di vitamine e proteine a causa dell’eccessivo grado di raffinazione
e del surriscaldamento dovuto all’alta velocità di macinazione.
Il contenuto di glutine nel chicco di grano è maggiore verso gli strati
periferici, mentre la parte interna è composta prevalentemente d’amido. Nello
strato più interno troviamo il 7,4 % di glutine, nel secondo strato 8,6%, nel
terzo 9,5%, nel quarto il 13,9% mentre nel quinto, quello più esterno, il 16,5%.
Ecco dunque che andando verso la periferia del chicco di grano (da cui derivano
le farine più scure), aumenta la quantità e qualità glutinica.
Ricapitolando, il chicco di frumento è composto essenzialmente da tre parti:
- la crusca (il 14% del peso del chicco), è costituita prevalentemente di cellulosa ma anche di vitamine e sali minerali. In essa è presente l’acido fitico, molto importante per il nostro metabolismo. I suoi strati più profondi (tegumento interno e strato aleuronico) sono la parte del chicco più ricca, in percentuale, di proteine.
- l’endosperma o albume (85% del peso), contiene principalmente carboidrati, poche proteine e in minima parte vitamine e sali minerali. Dal punto di vista dell’apporto calorico è la parte più importante del chicco.
- il germe (1-2% del peso), che è ricchissimo di grassi e vitamine.
Una classificazione delle farine si basa sulla percentuale di "ceneri", vale
a dire quei residui inorganici (sostanze minerali) della farina sottoposta a
combustione. In pratica, vi sono più "ceneri" nella farina meno raffinata.
Le farine più raffinate (più bianche) sono le più povere di elementi
minerali, vitamine ed aminoacidi.
Il sistema di molitura influisce sulla qualità della farina.
Il vecchio mulino a pietra permette di ottenere l'apertura di buona parte
dello strato aleuronico, impregnando la farina con l'olio di germe, cosa che
invece non avviene con la moderna macinazione a cilindri.
Schema di chicco di grano
In rosso: Reste
In giallo: Pericarpo (preziose sostanze vitali,
sostanze minerali e scorie del frumento)
In blu: Pericarpo interno
In verde: Testa
In viola: Aleurone
In nero: Germe
Sezione di chicco di grano
In nero: Tegumento interno (proteina e sostanze minerali
In rosso: Strato aleuronico (proteina e sostanze minerali)
In blu: Endosperma (idrato di carbonio e proteina)
In giallo: Strato permeabile fra germe ed endosperma
In verde: Germe od embrione (sostanze proteiche, olio di germe, oligoelementi e vitamine del complesso B)